La situazione attuale del prosecco doc e del prosecco docg

mappa delle doc e docg prosecco

Questa volta l’articolo non è scritto da me ma l’ho preso dal blog dei Saggi Bevitori.

L’amico Marco Spagnol ha spiegato in poche parole la vera situazione del prosecco dopo i passaggi a doc e docg

1° commento
Per cominciare vorrei portare alla luce alcune falle del post di Black Mamba:
-la nuova DOC PROSECCO abbraccia le provincie che da sempre coltivano Prosecco, eccezione fatta per Venezia, e quindi la zona di produzione non è così cambiata
-la nuova DOC PROSECCO è stata istituita per poter avere la riserva del nome ma molti altri sono gli aspetti meno noti ma molto importanti. Ad esempio è vietato usare altri recipienti diversi dalla bottiglia, il tappo a corona è permesso, come pratica storica, ancora per altri tre anni, finalmente anche la produzione del PROSECCO base ha un disciplinare di produzione, gli igt non lo hanno.
-si nominano produttori eccelsi della zona di VALDOBBIADENE e poi si parla della DOC PROSECCO.
-si confronta la qualità dello CHAMPAGNE a quella del PROSECCO, credo che l’esperienza di chiunque porti a dire che nel nostro mondo sia meglio consumare prodotti che vengono consigliati o che si conoscono, eccezion fatta per i pochi noti, in quanto la fregatura si nasconde tanto in Italia quanto in Francia (di CHAMPAGNE si vendono oltre 300 milioni di bottiglie in un anno, ma sono tutte così eccelse? Lo chiede ironicamente un appassionato di questo vino)

In Italia si possono coltivare delle varità di vite diverse tra provincia e provincia e devono essere iscritti in apposite liste. L’inserimento o la cancellazione di queste prevede un determinato iter che in alcuni anni è possibile fare.
Questa in soldoni la realtà viticola italiana in merito.

2° commento

Per quanto riguarda la varietà PROSECCO, oggi Glera in quanto l’altro nome è territoriale, era permessa la coltivazione in 8 delle 9 provincie delle quali discutiamo adesso. Il vino che ne risultava poteva essere denominato bianco tavola, come tutti i vini bianchi d’Italia, oppure PROSECCO DELLE VENEZIE, PROSECCO VENETO, PROSECCO MARCA TREVIGIANA E PROSECCO COLLI TREVIVIANI (mi sembra di aver detto tutte le denominazioni possibili) a seconda delle zone di produzione. Una volta spumantizzati davano tutti il famoso PROSECCO VSAQ (la legge vieta la denominazione territoriale per le igt). Ne consegue che il PROSECCO ottenuto in Friuli era quello DELLE VENEZIE.

Questa la spiegazione tecnica, ora la spiegazione “morale”.

Fino a 3/4 anni fa il PROSECCO veniva snobbato ampiamente da molti altri produttori, tra cui anche i vicini di regione, e quindi gli ettari coltivati erano insignificanti. Ora tutti cavalcano l’onda e, com’è successo per il PINOT GRIGIO, sembra che senza di questo nulla si possa più vendere.

Voi chiederete: perchè non è stato possibile chiudere il tutto alla regione Veneto?
Semplice, proprio a causa dei pochissimi ettari coltivati, e regolarmente dichiarati, nelle varie provincie friulane. Quindi ne avevano il diritto!

Per quanto riguarda la provincia di Venezia mi astengo da qualsiasi commento ma credo che definire la classica cosa “all’italiana” sia sufficiente…

Questo articolo ha 2 commenti

  1. maurizio gily

    la soluzione di adottare prosecco come DOC geografica era l’unica possibile per tutelare il prodotto, fortunatamente esisteva l’appiglio storico per farlo ma questo obbligava a spingersi fino a Trieste. Ora però la DOC va gestita o rischia di fare una brutta fine. Il ruolo del consorzio è fondamentale. A partire dal decidere se e quanti nuovi ettari iscrivere all’albo nei prossimi anni, perchè se non si può impedire ai viticoltori di piantare o sovrinnestare prosecco, nulla vieta di contingentare le superfici iscritte all’albo, meglio se sulla base di una zonazione. la prospettiva di restare senza DOC fa comunque passare la voglia di piantare o sovrinnestare. Lo si è già fatto per il Chianti classico e per l’Asti. Ci sarà chi sbandiera la libertà di impresa, lo so. La mia risposta è sempre la stessa: le DOC sono un patrimonio collettivo e la loro gestione è collettiva. Altrimenti uno può fare spumante non DOC, se non erro addirittura indicare in etichetta il nome di vitigno (glera), e godere di tutta la libertà di impresa che vuole.

  2. maurizio gily

    la soluzione di adottare prosecco come DOC geografica era l’unica possibile per tutelare il prodotto, fortunatamente esisteva l’appiglio storico per farlo ma questo obbligava a spingersi fino a Trieste. Ora però la DOC va gestita o rischia di fare una brutta fine. Il ruolo del consorzio è fondamentale. A partire dal decidere se e quanti nuovi ettari iscrivere all’albo nei prossimi anni, perchè se non si può impedire ai viticoltori di piantare o sovrinnestare prosecco, nulla vieta di contingentare le superfici iscritte all’albo, meglio se sulla base di una zonazione. la prospettiva di restare senza DOC fa comunque passare la voglia di piantare o sovrinnestare. Lo si è già fatto per il Chianti classico e per l’Asti. Ci sarà chi sbandiera la libertà di impresa, lo so. La mia risposta è sempre la stessa: le DOC sono un patrimonio collettivo e la loro gestione è collettiva. Altrimenti uno può fare spumante non DOC, se non erro addirittura indicare in etichetta il nome di vitigno (glera), e godere di tutta la libertà di impresa che vuole.

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